Partenza da Novara: ORE 7 P.le Valentino
Partenza: Valnontey m. 1666
Destinazione: Herbetet m. 2435
Tempo salita: h. 3
Tempo totale: h. 5,30
Dislivello: m. 770
Difficoltà: E
Equipaggiamento: Trekking
Proposta: D. Aquari
Descrizione
Questa piacevole escursione porta ai casolari dell’Herbetet, un piccolo alpeggio dominato dal casotto del Parco. Dai casolari dell’Herbetet è possibile raggiungere sia il bivacco Leonessa che il rifugio Vittorio Sella, da quest’ultimo si scende poi a Valnontey chiudendo un piacevole percorso circolare. Con un poco di fortuna è possibile avvicinare stambecchi e camosci, in estate questi incontri si fanno rari perché con l’arrivo della bella stagione questi animali si spostano in alta montagna.
Itinerario
Seguendo le indicazioni della segnaletica escursionistica ci si avvia lungo la strada sterrata che percorre il fondovalle, sulla destra il torrente Valnontey scorre veloce tra gli argini. Sulla sinistra si intravedono tra le tende i piccoli fabbricati del campeggio Gran Paradiso, l’ultimo della valle. All’imbrunire e al mattino presto le volpi si aggirano in questi luoghi, con un poco di fortuna è possibile vedere da vicino questi bellissimi animali che altrove la caccia ha reso diffidenti. Poco più avanti si stacca sulla sinistra il sentiero per Plan de Tournetta, proprio di fronte al ponte per Leuttaz. Si prosegue lungo la sterrata che attraversa alcune macchie di conifere fino ad arrivare a David, una bella casa di montagna restaurata con cura, dietro di essa si vede un rascard: il fabbricato rurale costruito con tronchi di larice che veniva usato un tempo come fienile, pagliaio e per la battitura del grano. Nel dialetto di Cogne questo piccolo nucleo di fabbricati era chiamato lo mayen de Davit, la malga di David, ed è citato nel volume di Celestino Guichardaz e Andrea Fassò sulla parlata francoprovenzale di Cogne, un interessantissimo studio sulla vita quotidiana di questa comunità colta nel passaggio tra la civiltà contadina e quella postindustriale. Poco più avanti si attraversa una macchia di larici cresciuti tra i grandi massi di un’antica frana dove di tanto in tanto scendono a ruminare i camosci. Un piccolo rettilineo porta all’inizio del villaggio di Vermiana: un pugno di case, meno di una decina, raggruppate intorno alla strada sterrata che percorre il fondovalle. Alcune di esse sono state restaurate ma la maggior parte è ancora abbandonata essendo venuta meno la loro funzione di sostegno all’agricoltura di autosussistenza che in Valle d’Aosta è stata praticata fino alla metà del XX secolo. Ogni famiglia ricavava di che vivere dall’allevamento di alcune mucche, qualche ovino e, in quelle più ricche, del maiale che veniva macellato in autunno all’arrivo dei primi freddi. L’orto forniva la verdura e nei campi erano coltivati i cereali e le patate. In ogni villaggio si trovano perciò le stalle e i fienili per la conservazione del foraggio e delle spighe dei cereali prima della battitura, l’area di fienile riservata alla battitura del grano, la cantina per la conservazione delle derrate, il locale per la lavorazione del latte e le poche stanze utilizzate dai membri della famiglia.
Da Vermianaz di prosegue lungo la strada sterrata fino a trovare sulla sinistra l’inizio del sentiero n. 22 per i bivacchi dell’alta Valnontey. (Poco più avanti la strada si interrompe nei pressi del guado sul torrente Valnontey). Si imbocca il sentiero che nel primo tratto è abbastanza stretto ma poi si allarga fino a raggiungere l’ampiezza maestosa delle strade reali di caccia. Si cammina tra macchie di conifere, numerosi larici ed alcuni abeti rossi. Nel sottobosco spiccano all’inizio dell’estate i fiori rossi dei rododendri. Dopo aver lasciato sulla sinistra il bivio dal quale si stacca il sentiero per il bivacco Money si attraversa un tratto in piano completamente allo scoperto. In altro contro il cielo si vede la Testa di Valnontey (3562 m) incorniciata dai ripidi fianchi della valle. Sotto di essa, quasi a farle da collana, un bosco di larici. Si percorre il lungo ponte in legno sul torrente Valnontey, l’alveo è ampio e disseminato dai sassi trascinati dalle piene. Dall’altro lato della valle il sentiero sale con alcune curve strette su di un terreno disseminato di depositi alluvionali. Si passa ai piedi di un enorme masso caduto dopo l’ultimo ritiro dei ghiacciai poi ci si porta sul fianco del vallone, lontano dal torrente e dalle sue piene rovinose. Si procede in falsopiano attraversando alcune frane l’ultima delle quali ha considerevolmente ristretto il sentiero. Dopo aver attraversato un paio di ponti che in inverno vengono parzialmente smontati per proteggerli dalle valanghe si arriva a una incisione rupestre del 1866. È tracciata a quasi 2000 metri di quota: su di una parete lisciati dai ghiacciai, è incisa una freccia orientata verso sud che attraversa la scritta Glacier 1866. Sotto di essa due nomi separati da un trattino: E. D’Albertis – J. P. Carrel. Al bivio successivo si prosegue lungo la strada reale di caccia lasciando sulla sinistra il sentiero per i bivacchi Borghi, Martinotti e Pol. Si cammina in quasi in piano, sotto i rami dei larici che formano quasi un tetto continuo sopra la testa, poi si esce dal bosco, si sale lentamente il fianco della valle e si attraversa il torrente dell’Herbetet, proprio ai piedi di una piccola cascata. Subito dopo i due ponti in legno si esce sul pendio aperto e si passa ai piedi degli ultimi larici. A circa 50 metri dal ponte cresce a monte del sentiero, imponente, un larice centenario il cui tronco, piegato in gioventù dalla neve raggiunge una circonferenza di quasi quattro metri. Dall’altra parte della valle si vede ad occhio nudo il puntino giallo del bivacco del Money, in cima alla valle quello rosso del bivacco Borghi, ci vuole invece un buon binocolo per individuare la costruzione a botte del bivacco Pol. Lungo i fianchi ripidi del vallone è possibile trovare stambecchi e camosci al pascolo. A circa 2300 di quota si passa a fianco di una targa posta a ricordo di Alberto Azzolini, subito dopo si attraversano alcuni piccoli terrazzi pianeggianti tappezzati dall’erba che cresce fitta e rigogliosa. Guardando verso sud si vede il bivacco Martinotti, occorre puntare il binocolo a sinistra del bivacco Borghi e della morena del ghiacciaio del Grand Croux, sopra una macchia nera della roccia tra due lingue glaciali. Arrivati ai casolari dell’Herbetet si trovano sul sentiero i bollini gialli per il bivacco Leonessa, guardando in alto davanti a sè si vede la ad occhio nudo la sua copertura in lamiera che spicca tra il cielo azzurro e le rocce grigie.